Le cooperative sociali confermano la loro centralità nel sistema cooperativo emiliano, trainando la crescita delle aderenti a Confcooperative Terre d’Emilia e ponendosi come attori imprescindibili del welfare locale. Nel 2024 erano 185, oggi superano quota 200 e rappresentano un terzo del totale delle imprese aderenti. Un settore che ha conosciuto un incremento dell’88% in pochi anni, con oltre 12.000 occupati e un peso rilevante nei territori: il 26% degli addetti cooperativi a Reggio Emilia, il 23% a Bologna, il 36% a Modena. Una crescita che racconta capacità imprenditoriali solide, ma anche l’emergere di nuovi e profondi bisogni sociali.
I dati sono stati presentati nella sala convegni di Confcooperative Terre d’Emilia, durante l’incontro dedicato all’analisi dei bilanci delle cooperative sociali. “Una restituzione alla collettività – ha spiegato il presidente Matteo Caramaschi – che evidenzia il valore di un sistema fortemente ancorato alle comunità, in forte relazione con il pubblico, da cui deriva l’84% del fatturato complessivo. Allo stesso tempo aumentano le entrate dal mercato privato, mentre le cooperative sono impegnate a costruire nuovi percorsi per rendere sostenibile un welfare che nei prossimi anni dovrà affrontare sfide inedite per ampiezza e intensità”.
La fotografia demografica presentata dal segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna, Guido Caselli, conferma la portata delle trasformazioni in atto. Nel 2050 le province di Reggio Emilia, Modena e Bologna conteranno 74.000 residenti in più, ma con 136.000 persone in età lavorativa in meno e un aumento di 214.000 anziani. Numeri che ridisegnano la domanda di servizi e mettono sotto pressione la capacità di risposta del sistema pubblico. “Di fronte a uno scenario simile – ha commentato il presidente regionale di Federsolidarietà Emilia-Romagna, Antonio Buzzi – i servizi pubblici non potranno reggere da soli. Le cooperative sociali dovranno sviluppare nuove modalità di sostegno, perché inevitabilmente diminuiranno le risorse pubbliche disponibili”.
Buzzi e la consigliera nazionale di Confcooperative Federsolidarietà, Patrizia Fantuzzi, hanno sottolineato come la prima risposta debba nascere proprio nelle comunità che hanno dato origine alle cooperative sociali. “I sostegni pubblici si sono aggiunti in un secondo momento, riconoscendo il valore sociale e pubblico delle cooperative. Oggi serve una relazione rinnovata con i territori, capace di mobilitare risorse private in modo sostenibile, per mantenere ed estendere i servizi”, hanno affermato.
Nonostante le sfide, la dinamica occupazionale e di fatturato resta robusta, con un +34% di addetti e un +43% di ricavi nell’ultimo decennio. Le cooperative sociali si distinguono per un marcato orientamento alla parità di genere: il 67% degli oltre 12.000 occupati è composto da donne, mentre il 47% dei ruoli apicali – presidenti, vicepresidenti e amministratori – è al femminile, un dato senza eguali nel panorama imprenditoriale. Significativa anche la presenza di competenze avanzate: il 36% degli addetti è laureato e il 39% diplomato, mentre i lavoratori svantaggiati assunti hanno raggiunto quota 1.255.