Pubblichiamo di seguito l’intervista di Letizia Martirano, direttore di Agra Press, al presidente di Fedagripesca Confcooperative Raffaele Drei.
In questa intervista il presidente di Fedagripesca-Confcooperative Raffaele Drei spiega la rotta che su alcune questioni che attengono soprattutto alla Politica agricola comune la sua organizzazione sta perseguendo. In particolare tre sono gli obiettivi su cui Drei intende lavorare: maggiore attenzione nella Pac al tema dell’aggregazione; legislazione realistica dei fitofarmaci; gestione del rischio adeguata alle esigenze dei soci delle cooperative.
Quali sono le priorità di Fedagripesca in tema di Politica Agricola?
“È fondamentale poter contare su una Politica agricola comune forte, che abbia una dotazione finanziaria adeguata per riuscire a garantire la ‘food security'. Per questo diciamo no ad un fondo unico nel prossimo bilancio pluriennale. L’Unione europea deve poter continuare a produrre cibo senza perdere la propria sovranità alimentare, con il rischio di diventare deficitaria su alcune produzioni e veder crescere le importazioni di paesi extra Ue. Non bisogna mai dimenticare che i produttori agricoli da decenni garantiscono il benessere alimentare agli europei e la Pac è funzionale a questo”.
Come rappresentanti di imprese cooperative chiedete misure specifiche?
“Il nostro obiettivo resta saldamente quello di chiedere alla Commissione europea scelte concrete per incentivare l’aggregazione. Le cooperative e le organizzazioni di produttori costituiscono in tal senso uno strumento che si è consolidato negli anni e che ha consentito alle aziende agricole di rafforzare la loro presenza sul mercato e di migliorare la loro competitività commerciale”.
Perché l’Unione europea dovrebbe incentivare l’aggregazione?
“Il modello cooperativo rappresenta una risposta concreta per rafforzare il posizionamento delle imprese agricole nel mercato, garantendo una più equa distribuzione del valore lungo la filiera e consentendo agli agricoltori di poter competere su basi più solide. Le cooperative permettono inoltre di mettere a sistema progetti di investimento e di ricerca, introducendo in molti casi nuove tecnologie e servizi innovativi, abbattendo costi che si rivelano spesso insostenibili per le singole aziende, specialmente in un settore caratterizzato da una dimensione media aziendale limitata”.
L’approccio del Commissario Hansen la rende fiducioso su questi aspetti?
“Come ho già avuto più volte l’occasione di ribadire, abbiamo certamente apprezzato la netta discontinuità che il Commissario Hansen ha tracciato rispetto al recente passato con le sue prime dichiarazioni e con la pubblicazione del documento sulla nuova visione dell’agricoltura. Abbiamo finalmente archiviato gli eccessi di quell’ambientalismo ideologico che ha purtroppo relegato lungamente le esigenze del mondo agricolo e produttivo in secondo piano rispetto alle tematiche ambientali, portando a politiche che hanno trascurato le necessità produttive del settore primario e penalizzato fortemente i produttori. Ribadiamo, tuttavia, che le scelte della Commissione debbano essere ancora più coraggiose nell’incentivare i processi di aggregazione, così come nell’avviare una reale sburocratizzazione che riduca sensibilmente gli oneri gravanti sulle imprese agricole”.
Quali sono, a suo avviso, i maggiori problemi che gravano sugli agricoltori e quindi le principali questioni da affrontare che in questa fase?
“Sicuramente uno degli aspetti cruciali sui quali credo sia necessario intervenire è la questione della gestione dei rischi in agricoltura. Confidiamo che la nuova Politica agricola europea dia la giusta rilevanza all’impatto che i cambiamenti climatici hanno sull’agricoltura, che è il settore più esposto agli eventi atmosferici estremi e alle fitopatie. Finora si è proceduto con una logica e un approccio di tipo emergenziale. È tempo invece di lavorare affinché lo sviluppo delle polizze assicurative in agricoltura diventi centrale nella pac. Il sistema assicurativo è in evidente sofferenza, a causa della frequenza degli eventi. Se finora c’era una certa resistenza da parte degli agricoltori ad assicurarsi, oggi anche le compagnie sono un po’ riluttanti, e c’è una certa disomogeneità nella distribuzione delle polizze, sia a livello territoriale sia per le diverse colture. Alla luce di queste considerazioni le cooperative sono chiamate a fare di più per aiutare i soci produttori”.
Come possono farlo?
“Le cooperative possono sicuramente svolgere un ruolo determinante nell’implementazione di strumenti efficaci per la gestione del rischio, come i fondi di mutualità, consentendo agli agricoltori di condividere i rischi e di affrontare con maggiore solidità eventuali perdite produttive o cali di reddito. Attraverso i fondi mutualistici, le cooperative hanno la possibilità di offrire alla base associativa un meccanismo di protezione finanziaria che integra e, in alcuni casi, supplisce le polizze assicurative tradizionali, spesso onerose e di difficile accesso per le piccole aziende agricole. Per incentivare la diffusione dei fondi di mutualità è tuttavia assolutamente necessario semplificare le modalità di costituzione e sostenerne l’avviamento con adeguate misure di supporto. Un approccio normativo più snello e orientato alla promozione di questi strumenti potrebbe sicuramente contribuire alla loro diffusione”.
Sul tema fitofarmaci lei è sempre molto netto. A che punto siamo?
“Negli ultimi anni sono state introdotte dalla Commissione europea norme sempre più stringenti in materia di principi attivi con l’obiettivo di innalzare gli standard qualitativi delle produzioni agroalimentari. Ciò ha portato ad una progressiva riduzione del numero di principi attivi autorizzati. Che oggi, ad esempio, per rimanere solo nel nostro Paese, ammontano a circa 300, ovvero il 75% in meno rispetto agli oltre 1.000 che erano disponibili in agricoltura 30 anni fa. La contrazione del numero dei principi autorizzati ha di fatto messo in questi anni i nostri produttori nella impossibilità di contrastare le diverse fitopatie causate dai cambiamenti climatici che hanno colpito gli alberi da frutta. Tantissima produzione è andata persa. Negli ultimi dieci anni una coltura come il kiwi, che è strategica anche sui mercati internazionali, si è dimezzata. Le pere sono passate dalle quasi 800.000 tonnellate del 2015 al minimo storico delle 184.000 del 2023”.
Qual è l’obiettivo di Fedagripesca?
“Il nostro obiettivo non è quello di opporci a questo percorso virtuoso intrapreso a livello comunitario. È una strada che deve e può proseguire, ma a una condizione: quella che la progressiva limitazione dei principi attivi non finisca per compromettere la stessa produzione e causare come abbiamo purtroppo visto ultimamente cali di superfici e rese produttive. Ciò è dirimente anche in un’ottica di competizione e di scambi a livello internazionale. Non dimentichiamo che la stretta voluta dall’Europa in tema di agrofarmaci viene considerata dall’amministrazione americana una vera e propria barriera commerciale, come è emerso nei primi documenti economici predisposti dagli Stati Uniti e resi noti un mese fa, quando vennero annunciati i dazi”.
Crede che esistano al momento i presupposti politici per ottenere un risultato?
E qual è la misura che chiedete?
“Per salvaguardare la nostra produzione non solo ortofrutticola è necessaria una moratoria quinquennale sui principi attivi oggi in uso. Attualmente sono in fase di rinnovo circa 200 principi per la difesa delle colture, ma tanti potrebbero presto non essere più disponibili, non appena giungerà a termine il loro periodo autorizzativo. Come ho già detto, per ogni principio attivo eliminato, c’è il rischio reale che si perdano intere colture, se non si trovano nel frattempo alternative efficaci. Si tratta di un timore tutt’altro che infondato, che sta creando non poche preoccupazioni in campagna tra migliaia di soci produttori delle nostre strutture organizzate. Chiedere una moratoria sulla revoca delle sostanze è stata per questo una delle priorità che ho messo con determinazione al centro della mia azione sindacale sin dall’inizio del mio mandato. Come Confcooperative abbiamo inserito e motivato tale richiesta in diversi documenti ufficiali che abbiamo consegnato al ministro Lollobrigida e al Commissario all’Agricoltura Hansen in occasione della sua recente visita in Italia”.