TERRE D’EMILIA, CRESCONO OCCUPATI E FATTURATO

TERRE D’EMILIA, CRESCONO OCCUPATI E FATTURATO

Dall’assemblea annuale della centrale cooperativa un bilancio in crescita e il confronto sul nuovo Piano nazionale per l’economia sociale con rappresentanti istituzionali, esperti e vertici del movimento cooperativo

martedì 2 dicembre 2025

Continua a crescere il sistema imprenditoriale che fa capo a Confcooperative Terre d’Emilia, che nelle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia raggruppa 619 cooperative con 175.980 soci, 46.541 occupati e un fatturato di 9,2 miliardi di euro. Nell’ultimo anno – come ha ricordato il presidente Matteo Caramaschi (nella foto in copertina), aprendo l’assemblea annuale della centrale cooperativa – il numero degli addetti è aumentato del 2,2%, mentre il fatturato è salito del 5,4% e il patrimonio netto ha segnato un +2,1%. Una crescita, peraltro, ancora più intensa nelle aree interne e, in particolare, in quelle appenniniche, confermando una peculiarità che, ha sottolineato, “distingue la cooperazione in termini di legame con il territorio e la colloca al centro di quell’economia sociale cui è oggi dedicato il nascente Piano nazionale”.

E proprio a questo Piano – ha ricordato il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – si legano importanti opportunità non solo per la cooperazione, ma per un Paese che “ha bisogno di accelerare fortemente su uno sviluppo sostenibile fondato su nuove opportunità per tutti, su un’equa distribuzione dei redditi che vada a sancire reali principi di giustizia sociale”. Al centro dell’attenzione del legislatore, che dopo l’approvazione del Piano dovrà tradurre in atti i riconoscimenti di principio in esso contenuti, c’è un ampio mondo di enti e imprese che complessivamente occupa 1.350.000 persone, di cui 1.100.000 dipendenti di cooperative. Da Confcooperative Terre d’Emilia arrivano dunque valutazioni molto positive su un’impalcatura legislativa che riconosce il valore della cooperazione come impresa sociale in tutti i comparti, dall’agricoltura alla casa, dal welfare ai servizi alle imprese, dallo sport al credito.

 

Secondo Caramaschi, tre sono le grandi sfide cui sono attesi la cooperazione, il sistema imprenditoriale e le amministrazioni pubbliche: la formazione al lavoro, la casa – una delle grandi emergenze, che richiede anche l’intercettazione di risorse pubbliche e di un capitale privato non speculativo – e l’invecchiamento della popolazione, che entro il 2050 porterà in Emilia-Romagna a 284 anziani ogni 100 bambini, rispetto ai 201 attuali. Su questi versanti si innesta la “ricucitura sociale” evocata dal vicepresidente della Regione Vincenzo Colla, impegnato nella costruzione di una nuova legge regionale per l’economia sociale, secondo cui la preoccupazione maggiore oggi non riguarda il lavoro in sé, ma il “lavoro povero”.

 

L’assemblea, presieduta da Ireneo Maruccia, vicepresidente di Confcooperative Terre d’Emilia, ha poi ospitato la tavola rotonda dedicata al nuovo Piano nazionale per l’Economia Sociale, con la partecipazione dell’On. Lucia Albano, Sottosegretario del Ministero dell’Economia e delle Finanze con delega all’economia sociale. “Il Piano – ha sottolineato – consente di restituire dignità e protagonismo agli attori dell’economia sociale”, aggiungendo l’indicazione di una possibile costituzione di uno specifico punto di riferimento che favorisca una forte collaborazione tra diversi dicasteri. In dialogo, Daniele Ravaglia, vicepresidente di Confcooperative Terre d’Emilia, ha richiamato le principali sfide per l’ecosistema cooperativo bolognese e le attese rispetto agli strumenti nazionali e all’aggiornamento del Patto per il lavoro e per il clima, evidenziando il valore di una coprogettazione sempre più stringente. “Il Piano nazionale – ha ricordato – riconosce il bene pubblico che viene generato dalla cooperazione, che nel proprio DNA ha sempre avuto diversi obiettivi tra quelli definiti con l’Agenda 2030 dell’Onu”.

 

A portare la visione delle istituzioni locali è stata Daniela Freddi, responsabile del Piano metropolitano dell’economia sociale della Città Metropolitana di Bologna, che ha sottolineato le sinergie attese con il Piano nazionale, con la Regione e con l’Unione Europea. “Il nostro ruolo – ha spiegato – è costruire progettualità, individuare risorse in una logica di alleanze anche con il privato, e le prime azioni sulle quali stiamo lavorando riguardano l’abitare, ambito nel quale la cooperazione è già molto attiva”. Il dibattito si è arricchito con gli interventi di Paolo Venturi, direttore Aiccon, che ha analizzato caratteristiche e prospettive dell’economia sociale nel contesto nazionale ed europeo, affermando che “il valore sociale non è un plus, ma un punto di partenza”, e di Gabriele Sepio, docente di diritto tributario, che ha approfondito il tema della fiscalità e degli strumenti di investimento previsti dal Piano.

 

A concludere i lavori è stato il presidente nazionale di Confcooperative, Maurizio Gardini, che ha espresso grande soddisfazione per l’elaborazione del Piano nazionale per l’economia sociale, a partire dal suo incardinamento nel Ministero dell’Economia. Un Piano che, ha detto, “contiene una visione chiara del valore della cooperazione nell’ambito dell’economia sociale”, dopo anni in cui la politica è apparsa disattenta o restia ad affrontare i temi cooperativi, incluso il rifiuto del Parlamento di procedere sulla legge di iniziativa popolare contro le false cooperative. Il Piano, una volta approvato, dovrà tradursi in provvedimenti specifici per un mondo ampio di enti e imprese, e secondo Gardini sarà essenziale arrivare a provvedimenti fiscali “che non rappresentano privilegi, ma il riconoscimento dei meriti di chi molto spesso sta in luoghi e in settori dai quali tutti se ne vanno, fuorché i soggetti dell’economia sociale, che restano a presidiare, a generare lavoro, servizi e coesione sociale”.

 

L’Assemblea ha evidenziato un quadro chiaro: l’economia sociale è oggi un pilastro dello sviluppo sostenibile del Paese, una leva competitiva e comunitaria insieme. La collaborazione tra istituzioni, imprese cooperative e mondo dell’innovazione sociale sarà decisiva per trasformare il Piano nazionale in politiche capaci di generare lavoro, diritti, impatto e sviluppo nei territori.