SFIDE FUTURE, ECCO COME È ANDATO L’EVENTO DEI GIOVANI

SFIDE FUTURE, ECCO COME È ANDATO L’EVENTO DEI GIOVANI

Oltre 100 partecipanti all’iniziativa, che ha visto protagonisti i docenti Zamagni e Granata insieme alle testimonianze dei cooperatori.

lunedì 16 novembre 2020

Dal richiamo di Stefano Zamagni alle peculiarità e ai valori distintivi dell’impresa cooperativa, all’invito di Elena Granata a puntare sulle intelligenze connettive e a farsi sentire di più in un mondo che sta un po’ troppo stretto per le condizioni che pone. Passando per il racconto di storie di imprese che con creatività trovano nuovi modi per rispondere ai bisogni delle comunità.

C’è stato tutto questo – insieme a tanto altro – nell’incontro online promosso dai Giovani Imprenditori Cooperativi di Confcooperative Emilia Romagna, tenutosi nel pomeriggio di venerdì 13 novembre (qui la registrazione integrale dell’evento) e che ha visto la partecipazione di oltre 100 persone, in maggioranza giovani cooperatori o semplicemente ragazzi interessati ai temi proposti.

Le sfide del futuro. Come i giovani faranno le imprese: un dialogo a tre”; questo il titolo del dibattito online (svoltosi su piattaforma Zoom), moderato da Francesca Corrado (già portavoce nazionale di Confcooperative Giovani e fondatrice della Scuola del Fallimento) e che ha visto la partecipazione dell’economista e punto di riferimento per il Terzo Settore italiano prof. Stefano Zamagni (Università di Bologna) e della prof.ssa Elena Granata, docente di Urbanistica al Politecnico di Milano e vicepresidente della Scuola di Economia Civile. Al termine è intervenuto anche il prof. Flavio Delbono per presentare la nuova edizione del MUEC – Master Universitario in Economia della Cooperazione dell’Università di Bologna, di cui è direttore.

 

LA VOCE DEI COOPERATORI

“Le dinamiche del futuro non saranno le stesse di oggi, siamo chiamati come imprenditori cooperativi a trovare nuove risposte e anche a invertire quella tendenza che negli ultimi anni ha visto diminuire l’appeal della cooperazione nei confronti delle giovani generazioni” ha detto in apertura dell’evento Francesco Milza, presidente di Confcooperative Emilia Romagna, ricordando come la cooperazione sia un modello di impresa che tiene unito il momento economico con quello sociale e di inclusione.

A raccontare le loro esperienze di giovani cooperatori, proponendo anche spunti di riflessione, ci hanno pensato poi Simone Pausini, socio de La BCC ravennate forlivese imolese; Elisa Zavoli, vicepresidente della cooperativa sociale Fratelli è Possibile di Rimini; Eduardo Raia, vicepresidente della cooperativa Coress di Reggio Emilia. I case history di cooperative che hanno messo in atto buone prassi per affrontare le sfide del futuro sono state invece quelle della cooperativa sociale Baumhaus di Bologna (raccontato dal presidente Luca Padova), di CEA – Cooperativa Edile Appennino sempre di Bologna (raccontato dalla vicedirettrice commerciale Maria Vittoria Vignoli) e della cooperativa Progetto Crescita di Ravenna (raccontata dalla socia Dora Casalino).

 

LE PAROLE DI ZAMAGNI

Nel corso del suo intervento, il prof. Zamagni ha sostenuto la tesi secondo la quale nel futuro prossimo si assisterà ad un ritorno di importanza e di rilevanza della cooperativa come forma di impresa. E questo partendo dalla considerazione che mentre nel fine (telos) non c’è sostanziale differenza tra l’impresa cooperativa e quella capitalista e for profit (entrambe puntano a creare valore), ben diversa è la situazione per quanto riguarda la missione e l’identità. Una differenza destinata a incidere. “La missione di un’impresa – ha detto Zamagni – risponde alla domanda su come il fine deve essere raggiunto, e lì si gioca la diversità della cooperazione che è chiamata a creare prosperità inclusiva, non appena a massimizzare il profitto. La cooperativa per sua natura non separa il momento di produzione del valore da quello della distribuzione del valore stesso, li tiene insieme, uniti. Pensiamo ai territori dove è più alta l’incidenza cooperativa, come l’Emilia-Romagna e Bologna rispetto magari a Milano: parliamo in entrambi i casi di aree generalmente ricche, ma a Bologna i dati dimostrano che ci sono meno disuguaglianze sociali, e questo perché ci sono più cooperative (in termini percentuali rispetto alla popolazione) che creano prosperità inclusiva”.

Zamagni ha sottolineato come “la cooperazione non sia qualcosa di pauperistico, sbaglia chi lo pensa; i cooperatori vogliono prosperare, ma a vantaggio di tanti”. Per quanto riguarda l’elemento dell’identità cooperativa, Zamagni ha ricordato il requisito della democrazia economica, della partecipazione democratica alla conduzione dell’impresa (una testa, un voto). “Nell’epoca della quarta rivoluzione industriale delle tecnologie digitali e condivise – ha detto Zamagni – il successo di un’impresa dipende da chi riesce a mobiliare la conoscenza tacita dei suoi partecipanti, non la conoscenza codificata ormai a disposizione di tutti”. E questa conoscenza tacita necessaria per fare crescere le imprese, “può essere esternalizzata solo con il consenso libero delle persone”, che lo concedono “nel momento in cui si sentono parte di una comunità, come avviene con i soci di una cooperativa”.

In conclusione, Zamagni si è rivolto ai giovani cooperatori con questa frase: “La tradizione è la salvaguardia del fuoco, non la conservazione delle ceneri”.

 

L’INVITO DELLA PROF.SSA GRANATA

La prof.ssa Elena Granata ha focalizzato l’attenzione sui giovani, sottolineando in prima battuta come “oggi siano scomparsi dal dibattito e dalla narrazione politica”. “Mi auguro di parlare a giovani cooperatori ai quali questo mondo sta un po’ stretto, perché questo suscita la voglia di cambiamento” ha detto.

Sottolineando la fase di cambiamento d’epoca che la società contemporanea sta vivendo, la docente del Politecnico di Milano si è chiesta “qual è l’intelligenza di cui abbiamo bisogno adesso”? “Il mondo ha bisogno di intelligenza connettiva – ha risposto -, la forma di intelligenza più contemporanea che la cooperazione deve sapere interpretare. È l’intelligenza che mette insieme, che consente ad un piccolo laboratorio creativo di convertire le maschere da sub in pezzi fondamentali per i respiratori degli ospedali bresciani, contribuendo così a risolvere un’emergenza”. Per fare questo, ha continuato, per promuovere questa intelligenza connettiva, “servono coraggio, capacità di andare oltre gli schemi, di abbattere barriere”. “L’intelligenza connettiva unisce problemi, soluzioni e risorse, mette insieme, fa dialogare i protagonisti all’interno di un sistema biodiverso”. Secondo la prof.ssa Granata, i giovani cooperatori hanno tutti i requisiti per essere portatori di questa intelligenza connettiva che crea innovazione e nuove occasioni di sviluppo, a patto che “si facciano sentire nel momento in cui questo mondo gli sta un po’ scomodo”.