MILZA: “ANDARE OLTRE I SUSSIDI, SERVE LAVORO”

MILZA: “ANDARE OLTRE I SUSSIDI, SERVE LAVORO”

L’intervista di Redattore Sociale al presidente di Confcooperative Emilia Romagna, Francesco Milza.

venerdì 13 novembre 2020

Riportiamo di seguito l’intervista di Redattore Sociale al presidente di Confcooperative Emilia Romagna, Francesco Milza, rilanciata anche dall’Agenzia Dire.

 

 

Sicuramente c'è bisogno di misure anche di carattere restrittivo rispetto a un problema di natura sanitaria. Ma è il momento - o forse avremmo dovuto cominciare prima - di analizzare quella che sarà la dimensione futura delle imprese e del vivere sociale. Il clima che si respira è quello dell'emergenza, ma è imprescindibile anche studiare una strategia per affrontare il futuro. Perché il futuro si decide adesso: se andrà bene o male, lo decidiamo adesso". L'analisi è di Francesco Milza, presidente di Confcooperative Emilia Romagna.

Milza lancia un appello alle istituzioni: “Sollecitiamo una visione rispetto a una dinamica del domani che speriamo sia il più prossimo possibile. Dobbiamo imparare da questa pandemia e ricominciare a progettare". Alla vigilia di due nuovi patti con la Regione, per il lavoro e per il clima, Milza chiede che al centro delle riflessioni ci sia il lavoro: l'invito è a pensare oltre bonus e ristori, investendo in politiche più attive e dinamiche. "Il sussidio tampona un'attualità, ma serve altro. Per esempio va capito come certe professionalità debbano essere costruite o ricostruite alla luce di quanto ci ha indicato l'emergenza sanitaria. Dobbiamo immaginare i bisogni di domani, costruire progetti formativi. Ci sono tante debolezze evidenti che vanno superate". Un esempio? Per Milza, il reddito di cittadinanza, necessariamente da accompagnare a un serio percorso di inserimento nel mondo del lavoro di chi oggi è fuori. Il rischio, se così non fosse, è di rendere soggetti passivi persone che, invece, devono avere la possibilità di esprimere le loro capacità. La crisi economica, oltre sanitaria e sociale, è sotto ai nostri occhi: “Dobbiamo ripensare a questi temi. Noi, come cooperative, mettiamo sul piatto come opzione anche la promozione dell'imprenditorialità".

 

"Le esperienze di Workers buyout che abbiamo sostenuto hanno consentito a 1.400 lavoratori di salvare le proprie aziende in crisi, prendendosi anche la responsabilità gestionale. Ecco, anche questa è una strada possibile". Altro tema, la politica di allontanamento dei servizi dai piccoli centri, che il Covid ha bocciato, mostrandone tutti i limiti: "Questa dinamica in molti casi ha favorito lo spopolamento di intere aree e l'aumento delle disuguaglianze sociali". Secondo Milza è necessario investire nella medicina territoriale e nell'assistenza domiciliare, "in un efficace e capillare sistema di trasporti che non isoli i territori ma li renda raggiungibili coinvolgendo anche le imprese private, come sta già avvenendo in Emilia-Romagna, in un welfare diffuso che non lasci indietro nessuno e non crei cittadini di serie B privi di assistenza, nelle infrastrutture digitali che garantiscano a tutti l'ormai imprescindibile diritto alla connessione per accedere ai servizi, come nel caso della didattica a distanza per gli studenti. La cooperazione è pronta a fare la sua parte, come in parte sta già facendo con le cooperative di comunità". In pratica, associazioni di abitanti scelgono di collaborare per gestire tra loro momenti di impresa autorizzata di servizi per i territori: l'ultimo bar del paese che viene salvato e trasformato in centro polifunzionale, un servizio postale che non viene cancellato. Servizi solo apparentemente piccoli, che in realtà permettono a chi abita in quelle zone di vivere in maniera dignitosa: "Di fatto stiamo pagando le conseguenze di una riforma monca, quella per l'abolizione delle Province. A tutt'oggi viviamo in un limbo, in una situazione ibrida che va ripensata profondamente".

 

Dentro a Confcooperative Emilia Romagna ci sono svariate anime: le coop agroalimentari che, dopo la prima fase di aumento dei consumi ora stanno accusando questa seconda ondata; le coop che si occupano di ristorazione collettiva, le grosse imprese sullo scolastico e aziendale "che vivranno un anno di grande sofferenza"; le coop che garantiscono servizi socioeducativi che, durante il primo lockdown, hanno affrontato la chiusura dei servizi 0-6 ("Su questo tema, a livello regionale abbiamo riscontrato una spiccata sensibilità. Ma a livello comunale no: ci sono state amministrazione che se ne sono approfittate", denuncia Milza). Insomma, tanti problemi diversi a seconda del settore ma "una grande fantasia trasversale per rimettersi in piedi appena possibile. Dai servizi socio-educativi, per esempio, abbiamo feedback molto positivi sulla ripartenza di questo anno scolastico. Emerge, invece, con sempre più vigore il problema del personale nelle case di riposo: il pubblico, in affanno, porta via lavoratori ai soggetti privati. È innegabile, il quadro è impegnativo: ma le cooperative sono resilienti per natura, nel bene e nel male. Siamo convinti che ogni problema sia anche sempre una possibilità per mettere in moto visioni nuove. Ma è proprio questo approccio che mi sembra mancare alla politica di oggi".

 

Fonte: Dires / Redattore Sociale