COOPERATIVE “CATENA SOCIALE” DEL TERRITORIO

COOPERATIVE “CATENA SOCIALE” DEL TERRITORIO

Al Festival di Trento l’incontro sull’art. 45 Cost. con Gardini e De Pretis (vicepresidente Corte Costituzionale). Presentato il Focus Censis Confcooperative sull’economia del territorio.

giovedì 2 giugno 2022

“Con un fatturato che si aggira sui 135 miliardi e un’occupazione superiore a 1,2 milioni di persone, le 50mila cooperative italiane (considerando quelle con bilancio depositato) rappresentano, nei fatti, la ‘catena sociale del valore’ che permette la copertura di bisogni e di servizi laddove le altre imprese non possono arrivare e che integra, in molti casi, i limiti di un settore pubblico spesso in ritardo o inadeguato”. Così Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative commenta il focus Censis Confcooperative “L’economia del territorio: cooperative catena sociale del valore presentato a Trento nell’ambito del Festival dell’Economia in un convegno con Daria De Pretis, vicepresidente della Corte Costituzionale su “Art. 45, Costituzione e Cooperative un legame indissolubile (vedi foto principale). Panel organizzato nel giorno della Festa della Repubblica per evidenziare il riconoscimento costituzionale al ruolo della cooperazione a cui i padri costituenti hanno dedicato l’Art. 45 della Costituzione. A moderare l'evento il vicedirettore del Corriere della Sera Dario Di Vico. Per l'occasione, la cooperativa di artisti di Modena AF&Co ha rappresentato in forma teatrale il dibattito dei Padri Costituenti dedicato all'art. 45 della Costituzione.

 

ECCO ALCUNI ESEMPI DI COSA FANNO LE COOPERATIVE NELL’ECONOMIA E NELLA SOCIETÀ

Nell’agroalimentare realizzano il 25% del Made in Italy; nel welfare erogano servizi a 7.000.000 di persone; nel credito le Banche di Credito Cooperativo, le Casse Rurali e Raffeisen rappresentano il 20% degli sportelli bancari; nella distribuzione al consumo e al dettaglio rappresentano 1/3 del settore. In un Paese dove le donne hanno difficoltà di inserimento lavorativo le cooperative sono uno straordinario ascensore sociale: è donna il 61% dei nostri occupati. La governance a guida femminile è pari al 26% delle cooperative, negli altri modelli d’impresa la governance rosa non raggiunge il 16%. Rianimano borghi, aree interne e marginali attraverso le cooperative di comunità. Con i workers buy out rinascono le imprese in default attraverso i lavoratori che diventano imprenditori di se stessi.

 

COME SI DISTRIBUISCONO LE COOPERATIVE NEL RAPPORTO DIMENSIONE-OCCUPAZIONE

La distribuzione delle cooperative rispetto alle dimensioni quantitative (numero di imprese, occupati, fatturato) restituisce una realtà in cui è diffusa la presenza di piccole strutture. Il 72,5% è nella classe fino a 9 addetti, occupa il 9,3% degli occupati complessivi della cooperazione e crea valore per una quota pari al 12% del fatturato del movimento (tab. 1) Ma se letta dalla prospettiva dell’occupazione e del fatturato, la realtà cooperativa italiana mostra un peso rilevante proprio nel segmento più strutturato e organizzato dal punto di vista economico. L'1,2% delle cooperative fa il 51,3% del fatturato e il 45,2% degli occupati. Il contrario dell'economia del territorio.

 

“Nella cooperazione – aggiunge Maurizio Gardini – si prefigura una ‘polarizzazione’ che garantisce, nello stesso tempo, una capillarità sul territorio con piccole strutture attive soprattutto nei servizi dedicati alle persone e, in genere, al sociale, e una rilevanza sul piano della produzione che propone una scelta alternativa all’impresa salvaguardando l’occupazione senza rinunciare al risultato economico”.

Nella dimensione dai 10 agli oltre 250 addetti, le cooperative concentrano il 90,7% della loro forza lavoro e l’88,0% del fatturato, con un’incidenza maggiore, in questo segmento, rispetto a quanto accade se si prende l’intero aggregato delle imprese italiane. Con poco più di 13 mila cooperative si raggiunge un fatturato vicino ai 120 miliardi di euro. Nella classe con almeno 250 addetti, 600 cooperative producono in termini economici poco meno di 70 miliardi di euro e impiegano oltre mezzo milione di persone. In sostanza, se si osserva, inoltre, il mondo delle imprese e della cooperazione attraverso uno degli elementi più importanti del modello economico italiano, vale a dire l’export, si aggiunge un altro elemento a favore della cooperazione come fattore di stabilità e di solidità nel territorio. Da questo punto di vista, gli 8 miliardi di export della cooperazione, realizzati in questi anni soprattutto grazie al contributo del settore agroalimentare, hanno svolto una parte importante nel successo italiano anche all’ombra delle varie ondate di crisi dovute a pandemie, esplosione dei prezzi e addirittura, in questi mesi, la guerra.

 

LE COOPERATIVE ESPORTANO E NON DELOCALIZZANO

Delle 228 mila imprese italiane con almeno 10 addetti, circa 52 mila possono essere considerate fondamentalmente orientate all’esportazione di prodotti italiani (tab. 2). Un ruolo importante nei processi di internazionalizzazione della nostra economia è svolto dalle multinazionali italiane che agiscono sui mercati esteri (circa 25 mila) e, parallelamente, dalle multinazionali estere presenti in Italia (circa 16 mila), pienamente inserite nelle dinamiche della globalizzazione che molto spesso si traduce in iniziative delocalizzazione. Questo fenomeno, indotto dalla ricerca di condizioni migliori in altri paesi, soprattutto sul versante del costo del lavoro o della possibilità di entrare in mercati nuovi, ha riguardato circa 6 mila imprese italiane negli ultimi anni (tab. 2). Si tratta di un fenomeno piuttosto circoscritto per il sistema italiano di imprese, soprattutto se ci si confronta con altri paesi. È però un aspetto che rientra nel modello italiano di stare sui mercati, ma che «si pone sostanzialmente in contrapposizione con chi, come la cooperazione, realizza tutto il suo valore economico, sociale e occupazionale all’interno del Paese, perché non cerca la massimizzazione del profitto, ma la risposta a una doppia esigenza: creare lavoro e rispondere a un bisogno» dice il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini.

 

IL SISTEMA IMPRENDITORIALE ITALIANO

Il sistema di imprese italiano poggia su almeno due fattori fondamentali. Il primo è che la spina dorsale della nostra imprenditoria è rappresentata da piccole, piccolissime e microimprese: su un totale di circa 4,4 milioni di imprese, il 94,8% non raggiunge la soglia dei 10 addetti, occupa il 43,1% delle persone e crea una ricchezza di 700 miliardi di euro vale a dire il 23,1% del totale, 3.163 miliardi di euro (tab. 3). Il secondo fattore portante del sistema di imprese è invece dato dalla capacità di quel 5,2% restante – si parla di 228 mila imprese – di produrre i 3/4 del fatturato complessivo e di dare lavoro a 10 milioni di persone su un totale di 17 milioni. La sensazione che si ricava nell’osservare questi fattori, solo apparentemente lontani, è che l’uno non può fare a meno dell’altro e che proprio la maglia stretta delle piccole imprese consente, con processi di fornitura e di servizi, alla “punta della freccia” dell’economia di realizzare risultati importanti